Bad Religion presentano 'The empire strikes first': 'Il nostro album contro Bush'
09 giu 2004 - I Bad Religion pubblicano in questi giorni “The empire strikes first”, tredicesimo album per una delle formazioni punk più conosciute e apprezzate al mondo. Il chitarrista Brett Gurewitz ne ha parlato con Rockol, e ci tiene a precisare sin dall'inizio che “è il nostro album contro Bush”. Il titolo del disco rimanda alla trilogia di “Guerre stellari” - a “L'impero colpisce ancora” - e proprio dalle guerre e dagli imperi prendono spunto molte delle provocazioni che la band di Los Angeles lancia. “Gli Stati Uniti si considerano come un impero, un po' come l'Impero Romano, senza però considerare che la storia dell'America non è paragonabile a quella italiana. Bush è il peggior presidente che gli Stati Uniti abbiano mai avuto nella storia. E' uno pronto a far guerra ad un paese soltanto per difendere interessi economici e personali. Negli Stati Uniti si sta consolidando una corrente di conservatori, e la trovo una cosa molto allarmante”. Brett prosegue il suo sfogo politico: “Quello che mi intristisce è vedere gli Stati Uniti tornare quasi a cent'anni fa... Comunque penso che alle prossime elezioni ci siano molte possibilità di mandarlo via ed eleggere un democratico, anche se di questi tempi non ritengo ci sia molta differenza fra conservatori e democratici. Bush è una persona arrogante: è riuscito ad essere eletto professando onestà e umiltà, ma non si è affatto comportato seguendo questi due principi. E pensare che prima di lui Clinton era stato considerato disonesto soltanto perché era un uomo sposato e si era fatto fare un pompino…”. Automatico domandarsi cosa pensi il chitarrista dei Bad Religion del governatore dello Stato della California: Arnold Schwarzenegger. Soltanto in un paese come l'America un attore può diventare un politico? “Sì, è tipico degli americani avere delle celebrità come politici. L'Inghilterra per esempio ha il Principe Carlo, noi abbiamo le star di Hollywood. Anche se mi divertono i film di 'Swarzy'”. “The empire strikes first” si compone di pezzi brevi e veloci, un modo per far capire che i Bad Religion sono tornati e non si sono rammolliti. Per quanto riguarda i testi, la maggior parte tratta argomenti molto seri, come lasciano intuire gli esplicativi titoli di “Social suicide”, “Los Angeles is burning”, “Let them eat war” e “Atheist peace”. “Io ne ho scritte sette su quattordici, esattamente la metà. 'Social suicide' (che ha scritto il cantante Greg Graffin) è una cinica fotografia della situazione degli USA: ossia un suicidio sociale”. Già con il precedente “Process of belief”, i Bad Religion erano tornati alla Epitaph e al mondo delle etichette indipendenti, dopo qualche anno passato sotto una major. La Epitaph - di cui è proprietario proprio Brett Gurewitz - è fra le etichette di punta della scena punk statunitense. Con il senno di poi, il chitarrista è sicurissimo che lasciare una major per tornare sia stata la scelta migliore. “Abbiamo firmato con una multinazionale nel momento in cui dovevamo farlo, perché i Bad Religion dovevano raggiungere il grande pubblico. Ma ci siamo accorti che non era la nostra dimensione, e ci siamo sentiti più a nostro agio con la Epitaph: è stato un po' come tornare a casa”. Ma la Epitaph non si limita solo alla musica punk, visto che ha pubblicato dischi di Tom Waits e Merle Haggard, ad esempio. “No, infatti. Ci sono diverse affiliate alla Epitaph, come la Anti, un'etichetta che uso per quei progetti che non sono propriamente punk, come ad esempio quelli che hai citato tu. In questo modo evitiamo di confondere i repertori e allo stesso tempo manteniamo un certo eclettismo nelle produzioni. Un'altra affiliata è ad esempio la Fat Possum, con cui pubblichiamo dischi di alternative blues”. In questi ultimi anni il punk ha sempre più preso piede come fenomeno pop, come dimostra il successo di alta classifica di artisti quali Avril Lavigne o Blink-182. E' probabile che oggi si sia un po' perso lo spirito anarchico del punk? “Sì, il messaggio originario è ormai andato… Tutto tende a diventare mainstream. Ma non per noi, perché abbiamo dei messaggi forti. E poi le nostre radici risalgono alla vera musica punk, quella degli anni '70. Io non penso affatto di essere un anarchico. Sono anche un discografico, e quindi dovrei appartenere alla classe dei capitalisti... A parte gli scherzi, ho sempre pensato che la musica sia un potente mezzo, in grado di spronare dei cambiamenti sociali. Non è solo intrattenimento”. Di cosa parla il singolo “Los Angeles is burning”? “Del decadimento dei media e in particolare del modo che i media utilizzano per travisare la realtà. E' una situazione molto diffusa nell'America di oggi. La massa riceve una visione distorta di quello che succede nel mondo. La maggior parte della gente vede la tv via cavo, reti che fanno prevalentemente propaganda promozionale e appoggiano la Casa Bianca. Ho scelto proprio la città di Los Angeles perché in America è l'epicentro per quanto riguarda media e informazione”. E “Let them eat war” è ancora una canzone che si scaglia contro la politica americana? “Sì, in un certo senso, ma in particolare parla di quello che succederebbe se la working class si rivoltasse contro Bush. Vedi, la maggior parte delle proteste negli USA sono portate avanti dagli intellettuali liberali della classe media, mentre i sostenitori di Bush sono i lavoratori. Questo è un controsenso, perché vuol dire sostenere una politica che arricchisce i ricchi e impoverisce i poveri: una politica sostenuta proprio da chi è povero! E il brutto è che Bush frega proprio i lavoratori che gli permettono di rimanere alla Casa Bianca”. Brett parla con l'entusiasmo di un neolaureato in Scienze Politiche, e invece non ha nemmeno terminato gli studi, mentre il collega Greg Graffin ha un dottorato in Biologia Evoluzionistica. Da qualche anno è riuscito anche a superare una difficile situazione personale. “Ho avuto un brutto periodo. Ho dovuto combattere contro le droghe, ho lasciato la band - anche perché sono stato arrestato e il giudice mi ha condannato ad essere ricoverato in un istituto di riabilitazione. In parte queste esperienze si riflettono nell'album, come era successo in quello precedente. Credo sia normale - dopo un periodo così difficile - che nasca una nuova creatività nella musica. Ma in questo ultimo disco ho parlato prevalentemente di politica, anche se ho inserito un paio di canzoni 'spirituali': 'All there is' e 'Beyond electric dreams', nelle quali penso di parlare più del senso della vita che della politica”. E' stato proprio durante questo periodo che alla band si è unito - per sostituire Brett - il chitarrista Brian Braker. Il tuo ritorno non l'ha messo in difficoltà, vero? “Assolutamente. Brian continua a suonare a tutti gli effetti con i Bad Religion. Io non mi considero un grande chitarrista. Mi ritengo più che altro un buon songwriter e produttore. Mi piace portare le mie canzoni all'interno del gruppo e poi dare suggerimenti, direttive, discuterne con loro e rielaborarle”. Che musica ascolti oggi? “Qualsiasi genere di musica: dal punk all'elettronica, dalla musica sperimentale al funk anni '70. E poi pietre miliari come Temptations e Deep Purple; i miei dischi preferiti continuando ad essere i primi dei Beatles, Beach Boys e Rolling Stones. Mi piacciono anche i Queen… Qualcosa di più attuale? Direi Radiohead, Flaming Lips e Interpol. Ogni tanto gli Strokes fanno delle buone cose. Poi aggiungerei i Motion City Soundtrack e gli Atmosphere, entrambi di Minneapolis, chiaramente sono prodotti dalla mia etichetta...”. Sicuramente le nuove punk band sono state influenzate dalla musica dei Bad Religion. Dopo i Ramones, voi ormai siete l'unica band che riesce ad unire diverse generazioni… “Sì, ma molte delle nuove band non hanno radici e memoria storica. Queste nuove generazioni pensano che gli Offspring appartengano già alla vecchia scuola e non conosco niente del grande rock'n'roll esistente prima del punk. Il punk è nato proprio come reazione al rock'n'roll, ma se non conoscono il rock'n'roll, a cosa reagiscono?”. Parteciperete al Warped Tour quest'anno? “Credo di no, forse la band senza di me. Io devo occuparmi anche della Epitaph…".