BAD RELIGION
a cura di Giorgio Sala
Trovarsi faccia a faccia con Jay Bentley (basso) e quindi con tutti i vent'anni di storia dei Bad Religion è qualcosa, almeno per me che li seguo da sempre, di eccezionale. Troppe le domande da fare e sempre e comunque poco il tempo a disposizione. Cosa sono poi 7-8 domande con chi potrebbe riempire un libro? Immagine logicamente parziale di ciò che sono i Bad Religion, ma immagine sincera, per un gruppo che ha fatto della sincerità e dell'onestà intellettuale qualcosa di più che uno slogan... a loro la parola:
Beh, innanzitutto ci vuoi spiegare il significato del titolo dell'album ("the process of belief")?
Il significato del titolo è letterale; vorremmo cercare di capire il processo per cui le persone "credono" in qualcosa, capire perché ad un certo punto smettono di farsi delle domande e accettano le cose per ciò che sono. Questo è uno degli argomenti di cui i Bad Religion parlano fin dagli inizi; è una brutta tendenza, in america in questo momento i media ed il sistema educativo non vogliono occuparsi dei problemi che pure esistono, fanno semplicemente finta che questi non esistano, e poi quando succedono fatti come l'11 settembre nessuno riesce a capire e a credere che cose del genere siano possibili; siamo abituati a non vedere ciò che accade al di fuori dal nostro paese, a crederci i più forti e a non metterci mai in discussione; quando questo viene meno non sappiamo che fare e pensiamo al "diavolo"; il messaggio che viene fuori da questo disco è proprio un invito a porsi delle domande.
Una delle cose di cui discutiamo spesso è di cercare di capire quale potrebbe essere la definizione di "potere"... ne parliamo da sempre.
Come sono cambiate le tue idee nel corso degli anni?
Da bambino non ero abituato a pormi delle domande; pensavo che ad esempio gli indiani fossero quelli che c'erano nei film hollywoodiani, quelli che bevevano e dicevano "ao", ed invece non era così. Quando poi con il passare del tempo sono diventato un punk rockers l'unica persona che mi piaceva e interessava era Greg, gli altri non mi interessano, tutto ciò che non era punk non mi interessava. Andando avanti, e con la band, ci siamo sforzati per suonare in giro e per fare i nostri dischi, autoproducendoli, e sappiamo che non puoi aspettare che qualcuno ti aiuti, tutti possiam fare quello che vogliamo con l'impegno e la volontà. E' in pratica la teoria del "Do It Yourself".
Che senso ha quindi essere punk oggi per te, a vent'anni dagli inizi?
Beh, io penso che essere punk sia come in macchina: non tutti i guidatori sono dei piloti ma tutti i piloti son guidatori... la mia idea prima era che il punk era chi suonava la chitarra e urlava in un microfono fanculo alla polizia... adesso credo che essere punk sia porsi in maniera non passiva alle cose, alle notizie che ti arrivano; farsi delle domande.
Essere punk significa anche essere tutti sullo stesso piano; ora io sto parlando con te ma le mie idee non sono meglio delle tue, io sono solo un musicista e tu un giornalista, nessuno dei due è meglio dell'altro.
Pensi che una "fottuta canzone punk" possa cambiare questo stato di cose?
Non saprei... noi abbiamo sempre cercato di dare dei messaggi con i nostri dischi, ma difficilmente abbiamo fornito delle risposte, anzi la maggior parte delle volte abbiamo fornito solo delle domande! Non è nemmeno il nostro obiettivo dare delle risposte, quello che vogliamo fare è spingere la gente a porsi dei quesiti e tramite questi mettersi in discussione. E' qualcosa che non è soltanto relativo a ³The Process Of Belief² naturalmente, ma che riguarda da vicino tutta la storia dei Bad Religion e tutta la nostra storia come persone. E¹, se così posso dire, la nostra missione come gruppo!
Quello che noi possiamo fare è semplicemente mettere le nostre emozioni nella musica, in fondo noi siamo solo degli "enterntainer".
Cosa pensi del fatto che molta gente "creda" in voi?
Già prima che il disco uscisse, solo per il fatto che brett era ritornato la gente ha pensato che ne sarebbe venuto fuori un gran disco...
Beh, anche noi eravamo ottimisti sul risultato di questo disco! (ride, ndr)
Io amo il mio lavoro, perché mi permette di girare per il mondo e di suonare, conoscere tanta gente e fare esperienze altrimenti impossibili, ma quando vedo dei kids che urlano e ci trattano come dei superuomini penso sempre "hey, calma, siamo dei musicisti, non mica camminiamo sull'acqua non trasformiamo l'acqua in vino".
Credo che il significato di un brano come "No Direction" sia proprio questo... la gente ci chiede "che possiamo fare?" e noi non abbiamo risposte, ognuno deve usare la propria testa, e poi "bands are just bands", niente di più.
Conosci il segreto del successo della bands?
Beh, se lo sapessi credo che ci scriverei un libro e ci farei parecchi soldi! (ride, ndr)
E pensi che il segreto del vostro successo sia dovuto alle parole, alla musica o a cosa?
Beh, Greg dice che il segreto del successo di un brano sono le parole, ma io non sono completamente d'accordo perché credo che se bei testi si accompagnano ad una pessima musica la gente non è attratta dall'ascoltarli e quindi l'insieme non funziona. Una buona musica senza bei testi non può durare molto, ma nemmeno il contrario perché la musica è un po' come un "veicolo" che porta avanti qualcosa, e per portare queste idee bene deve essere un veicolo dannatamente buono.
La Epitaph è nata per pubblicare i vostri dischi... ma voi ad un certo punto ve ne siete andati...
No no, ad un certo punto la Epitaph non aveva più soldi (risata generale, ndr) perché stava rischiando la bancarotta... è vero, l'etichetta è nata per i nostri dischi, ma Brett, che all'epoca lavorava in uno studio, aveva a che fare con molti gruppi, e alcuni di questi erano assolutamente bravi, solo che non riuscivano a trovare un'etichetta che li aiutasse, per cui Brett ha deciso di dargli una mano... ed è iniziato tutto da li.
Voi però dopo un periodo major siete ritornati "a casa", perché?
Beh, credo che all'epoca del nostro abbandono la Epitaph fosse una piccola label che però stava crescendo molto in fretta, e così anche noi, ma Brett non poteva reggere il peso di questi due impegni così pressanti, e così, credo per il bene di tutti e due, ci siamo separati. Con la Sony Brett è rimasto solo un album, poi ci ha lasciati per fare dell'Epitaph l'etichetta che è, un risultato stupefacente! Adesso che Brett è ritornato e che il contratto Sony era scaduto siamo ritornati in Epitaph... e credo sia stata una delle decisioni migliori che abbiamo mai preso!